Riflessione di don Davide Milanesi all’incontro del 12 Settembre 2020 delle famiglie missionarie a Km0 sul tema “Tessitori di Fraternità”. Don Davide è stato vicerettore del Seminario Arcivescovile di Venegono Inferiore ed è delegato arcivescovile per l’Ordo Virginum. Diventando parroco di Sant’Antonio Maria Zaccaria (SAMZ) a Milano ha iniziato la collaborazione e la vicinanza con Sara, Max e i loro figli. 

Dagli atti degli Apostoli (18) – Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo chiamato Aquila, oriundo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro e poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì nella loro casa e lavorava. Erano infatti di mestiere fabbricatori di tende. Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci.

18 Paolo si trattenne ancora parecchi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto. 19 Giunsero a Efeso, dove lasciò i due coniugi, ed entrato nella sinagoga si mise a discutere con i Giudei.

23Trascorso colà un po’ di tempo, partì di nuovo percorrendo di seguito le regioni della Galazia e della Frigia, confermando nella fede tutti i discepoli. 24Arrivò a Efeso un Giudeo, chiamato Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, versato nelle Scritture. 25Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. 26 Egli intanto cominciò a parlare francamente nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio.

Ricostruisco brevemente la vicenda di Aquila e Priscilla perché mi serve per introdurre la testimonianza...

La vicenda di Aquila e Priscilla inizia con una loro espulsione da Roma che li costringe a trovare casa a Corinto. L’ordine di Claudio li ha espulsi da Roma. Essi hanno subito l’umiliazione di essere stati rifiutati, di essere stati espulsi.

A Corinto, in seguito al loro lavoro, incontrano Paolo, il quale è anche lui fabbricatore di tende. Abbiamo poi la decisione di Aquila e Priscilla di ospitare Paolo nella loro casa. Ma c’è di più: dopo aver ospitato Paolo in casa propria lo seguono nella sua missione di annunciare il Vangelo fino a Efeso.

A Efeso Paolo prende congedo da loro. Con l’arrivo di Apollo a Efeso Aquila e Priscilla ospitano anche lui lui per esporgli “con maggior accuratezza le via di Dio”.

In sintesi la loro vicenda mi piace raccoglierla in questo modo: pur avendo subito l’umiliazione dell’essere stati esuli, rifiutata da Roma decidono di accogliere Paolo nella loro casa.

Questo gesto di disponibilità li fa incontrare con il Vangelo, accogliendo Paolo accolgono il Vangelo. Infine accolgono Apollo per spiegargli il Vangelo. Possiamo dire che il clima accogliente della loro vita familiare è il terreno non solo per accogliere il Vangelo ma anche per trasmetterlo.

La condizione perché una famiglia accolga e trasmetta il Vangelo è una vita familiare dal clima accogliente. E’ l’atteggiamento dell’ospitalità di questa famiglia che permette al Vangelo di essere accolto e di essere annunciato e possiamo anche dire che una vita familiare segnata dalla capacità di accogliere mette in circolo il Vangelo.

Se questa è la vicenda in sintesi di Aquila e Priscilla vorrei collegarmi a loro per dire quanto vissuto arrivando in Sant’Antonio Maria Zaccaria.

Anch’io arrivando in Sant’Antonio Maria Zaccaria sono stato accolto dalla famiglia di Max e Sara, e l’accoglienza che mi è stata riservata mi ha fatto sentire a casa: il clima accogliente della famiglia di Max e Sara mi ha permesso di respirare il Vangelo.

Il Vangelo è una buona notizia, e quando ti arrivano delle buone notizie certamente si accende l’entusiasmo e la voglia di fare bene.

Cosa ha voluto dire sentirsi accolti?

C’è un’accoglienza fatta nella condivisione della cena questo è un primo livello che libera da rapporti formali e istituzionali.

C’è poi un livello che si è espresso nell’introdurmi nella storia di questa comunità attraverso racconti e presentazione di alcune figure. Un’accoglienza che per me si è espressa in ascolto di quanto raccontato. Un ascolto che si è poi esteso a diverse persone attive nella vita comunitaria ma anche quelle non attive che come spettatori della vita comunitaria raccontano il loro punto di vista, un punto di vista, quello di Max e Sara, privilegiato. Così come il punto di vista dei preti che mi hanno preceduto che ho ascoltato nel racconto della loro storia con questa comunità.

In seguito all’ascolto della storia della comunità, – e tenedo conto anche della stagione di ministero che come prete sto vivendo, una stagione che dipende dalla mia storia e dal mio temperamento – ho cominciato a condividere alcune proposte e a chiedere dei passi alla comunità e verificare quanto proposto e i passi compiuti.

In realtà distinguere cronologicamente “ascolto” e “proposta” è un modo un po’ schematico, è difficile distinguere prima uno e poi l’altro… nella vita accadono poi magari insieme. Io non credo a un vissuto dove uno prima ascolta e poi propone, ci sono scelte che uno è chiamato a prendere subito.

Allo stesso tempo, a volte uno impara ad ascoltare proprio a partire dalla proposte e dalle scelte che compie. La proposta che uno fa diventa come una domanda che chiede una risposta da ascoltare che ti aiuta a capire e comprendere meglio una comunità.

Certamente però all’inizio uno è chiamato ad ascoltare.

Mentre questo accade nella vita del prete che arriva in una nuova comunità, allo stesso tempo, alla famiglia che accoglie un  prete è chiesta una certa duttilità. Ogni prete è diverso da un altro, certamente per il temperamento ma anche per la stagione di ministero che un prete vive. Questo non è cosa di poco conto.

Quando parlo di stagione di  ministero intendo diverse cose: la storia del prete, le comunità che ha incontrato…, perché se un prete può dare uno stile alla comunità è anche vero il contrario che una comunità dà uno stile al prete.

Per “stagione di ministero” intendo anche gli anni di ministero che uno ha: un conto è un prete novello e già qui c’è una bella differenza tra un prete novello degli anni novanta e uno del 2020. I giovani  sono cambiati! Un conto è un prete che vive l’ultimo tratto del ministero come responsabile di una comunità, un prete che magari sta andando verso i 75 anni, un conto è un prete che inizia a fare il parroco a 50 anni dopo alcuni anni di ministero in comunità diverse.

Un prete che arriva è “un mondo” così come la comunità che incontra è “un mondo”.

Quanto detto per la stagione di ministero per un prete, credo valga anche per una famiglia: un conto è quando i figli sono piccoli, un conto quando sono adolescenti, oppure quando una famiglia deve prendere carico i propri genitori anziani.

Diventa importante la disponibilità e la pazienza ad ascoltarsi e la volontà di raccontarsi.

….Tutto questo per dire che una famiglia Km0 è davvero una risorsa per un prete che arriva.

Una raccolta web delle omelia di don Davide>>

Un ex operaio con don Milani nel cuore: don Davide è il nuovo parroco della Samz>>

Altri link:

Il Sindaco di Milano Beppe Sala in visita alla SAMZ>>

Yes, I Care: che spettacolo la nostra comunità>> | Trailer>>